23 mag 2023

L'ORA CHE UCCIDE - Recensione

Titolo originale : The killing hour / The clairvoyant 
Anno : 1982
Regia : Armand Mastroianni 


Riflettendo credo che il periodo che preferisco, come atmosfere, fotografia ed in generale come mood, è il periodo che va dal 1977 al 1983 circa. Quindi a cavallo tra la fine degli anni 70 e i primi anni 80.


L'ora che uccide, conosciuto anche come The killing hour o The clairvoyant è un thriller del 1982 dove, una serie di omicidi hanno un denominatore comune : le vittime sono ammanettate. La polizia indaga, ma deve fare attenzione alla stampa, e soprattutto al conduttore di uno show televisivo, Paul McCormack che è amico del detective Weeks. 
Quando tutto sembra inspiegabile, si presenta alla polizia Virna, un'artista che però ha anche un dono di chiaroveggenza. La donna spiega ai poliziotti che, durante degli stati di trans disegna cose che vede. In questo caso gli omicidi. 
Ovviamente non è tutto chiaro e bisognerà aspettare che le cose si evolvano per interpretare al meglio i disegni di Virna. 
Intanto, sia Weeks che McCormack cercano di ingraziarsi Virna. L'uno perché ne è infatuato, l'altro solo per portarla nel suo show e diventare famoso. 
Virna si avvicina sempre più a svelare il killer, quindi la, situazione si fa pericolosa per lei. Weeks dovrà cercare di tenerla al sicuro. 
Il film di Armand Mastroianni, già regista del famoso He knows you're alone (1980), mette in scena, in maniera poco convincente, quella che di fatto è un ottima storia. Si ispira, pare, in parte agli omicidi del killer David Berkovitz, The son of Sam, che terrorizzó New York qualche anno prima. 
Purtroppo il quadro generale non è soddisfacente quanto dovrebbe. Partendo dai personaggi : tutti più o meno senza carattere né personalita con qualcosa che spicca. Sono piuttosto abbozzati.  Un triangolino amoroso sviluppato in maniera frivola e, mi azzarderei a dire "infantile" e questo cozza molto secondo me col resto. Una protagonista, consapevole che probabilmente sarà presa di mira dal killer, ma che non sembra volerlo veramente capire e si perde tra le carinerie di Weeks e McCormack.
Un amicizia strana, tra un poliziotto e un giornalista che non supera mai una certa linea, almeno fino alla fine, dove sembra esserci un guizzo. Guizzo che comunque non serve a salvare ciò che in precedenza non è stato sviluppato in maniera interessante e risulta anche deludente, almeno per chi come me ci credeva. 
Un peccato, perché il potenziale c'era, ma non è stato sfruttato a dovere. E non serve avere una scena "madre" che spiega il primo omicidio e svela l'assassino, che è comunque abbastanza forte, ed è probabilmente il motivo per cui il film figura tra i "video nasties" dell'epoca. 
Si salva appunto l'atmosfera, o almeno io la salvo, e quel poco di interessante che si riesce a prendere, portando il film ad una sufficienza che c'è senza ombra di dubbio.

4 mag 2023

LA BARA DEL VAMPIRO - Recensione

Titolo originale : Grave of the vampire
Anno : 1972
Regia : John Hayes 

John Hayes mi stupisce di nuovo. Dopo Garden of the dead ecco un altro b-movie coraggioso e a suo modo originale.
Fermi però : voglio precisare b-movie low budget (girato in una decina di giorni con un budget di 50.000$). E quindi i limiti ci sono. Basta però avere l'occhio puntato oltre e la mente un pochino più aperta in senso critico.
Non siamo di fronte ad un capolavoro, assolutamente no. Ma ad un film che riesce a farsi notare, in certo senso sì.
Grave of the vampire, da noi La bara del vampiro, (da non confondere con quello del 58) è un horror dallo stile gotico, che però si mescola anche con la modernità. Un pò tipo Dracula A.D. 1972.  Ovviamente non a quel livello. 

Anni 50 circa : Abbiamo a che fare con un vampiro che, uscito dalla sua cripta, aggredisce una coppia che si è appartata nel cimitero. Uccide l'uomo e violenta la ragazza. (Tra l'altro trascinandola in una tomba scavata di fresco. Una finezza che ho apprezzato)
La donna rimane incinta e, nonostante i divieti dei medici, porta a termine la gravidanza, partorendo un bambino che però si nutre solo di sangue. Un vampiro insomma. Figlio della violenza subita. Il ragazzo crescerà odiando l'essere che lo ha generato. Lo cercherà. E alla fine lo troverà cercando vendetta.


Il primo limite lo troviamo proprio nei primi minuti di film. L'uscita dalla cripta del vampiro Croft è quasi ridicola. Una specie di imitazione del vampiro alla Christopher Lee… venuto male però.
Così come i momenti più intensi, con denti aguzzi sporgenti e insanguinati. Sul filo della decenza. E la lotta finale, che è probabilmente il momento più imbarazzante della pellicola.
Perché allora mi ha stupita?
Perché innanzitutto siamo di fronte a qualcosa di qualità superiore al precedente film. Ovviamente in base a ciò che ho potuto vedere, il resto della filmografia di Hayes non la conosco quindi prendete la cosa con le pinze. Quindi questo tenetelo come buono e fidatevi.
C'è l'impegno e la voglia di fare qualcosa. Si vede. Si vede nonostante i punti citati sopra. C'è il buon senso di non dilungarsi e rischiare davvero di cadere nel ridicolo. Quello che deve essere è, è viene spiegato molto semplicemente. E in maniera molto naturale. 
Così come è strano, ma in un certo senso ammirabile, che non ci sia il minimo dubbio sul vampiro come creatura. Nessuno dei personaggi è scioccato all'idea o non vuole credere ai vampiri.
Che ci può anche stare una volta tanto!
Probabilmente un'altro trucco per semplificare il tutto. Io a questo punto sarei proprio curiosa di vedere ancora qualcosa di Hayes, giusto per convalidare la mia tesi.
E intanto mi prendo la responsabilità di consigliarlo a chi ha voglia di vedere un film "quasi bello".

Troverete il film anche nella rubrica video Pazzi per I b-movie sul canale YouTube 

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